Questa condizione, caratterizzata da trombosi spesso in sedi inusuali, si intercetta meglio con i test di tipo ELISA e non con i rapidi.

Come è noto, alcuni vaccini anti-SARS2, a vettore virale (Astra-Zeneca e Johnson & Johnson), hanno causato, a partire dalla primavera 2021 e in alcuni pazienti, la condizione clinica definita come VITT (Vaccine Induced Thrombocytopenia and Thrombosis), caratterizzata da trombosi spesso (ma non esclusivamente) in siti inusuali, trombocitopenia, elevati livelli di D-dimero e positività per anticorpi anti-PF4 IgG.

Alle prime descrizioni del fenomeno sono seguite raccomandazioni da parte delle società scientifiche interessate (ISTH, SISET, ecc.) sulla diagnosi clinica, sul trattamento a cui sottoporre i pazienti e sulla diagnosi di laboratorio. Particolare attenzione è stata riservata all’identificazione degli anticorpi anti-PF4.

Come è noto la VITT, per quanto riguarda il laboratorio, è molto simile alla trombocitopenia indotta da eparina (HIT), con la quale condivide la positività per gli anticorpi anti-PF4 e la necessità di documentare con test funzionali che gli anticorpi siano in grado di attivare le piastrine.

Esistono numerosi metodi commerciali per la rilevazione degli anticorpi anti-PF4 nel plasma. Taluni sono relativamente rapidi, validati e largamente usati da molti laboratori. Tuttavia, è stato subito evidente che alcuni di quei metodi, mentre erano affidabili per la diagnosi di HIT, non lo erano per la diagnosi di VITT. In particolare, è emerso da subito che i metodi ELISA (enzyme-linked immunosorbent assay) sono i più sensibili ed efficaci per la VITT, rispetto a quelli non-ELISA.

I metodi ELISA sono però relativamente complessi da eseguire e, soprattutto, i risultati sono disponibili dopo ore. Inoltre, non tutti i metodi ELISA presenti sul mercato hanno la stessa sensibilità per la VITT. Numerosi articoli apparsi in letteratura hanno cercato di fare luce sull’argomento, identificando i metodi più efficaci. Un pregevole articolo è stato di recente pubblicato sul Journal of Thrombosis and Haemostasis (Reilly-Stitt C, et al. DOI: 10.1111/jth.15766) e riporta i risultati di un esercizio di valutazione esterna della qualità eseguito congiuntamente da NEQAS (National External Quality Assement Scheme) e ECAT (European Concerted Action on Thrombosis). I due organismi, che si occupano da anni della valutazione sul territorio dei metodi di laboratorio, hanno preparato sei plasmi liofilizzati da pazienti con diagnosi confermata di VITT e li hanno distribuiti a circa 500 laboratori nel mondo, chiedendo di determinare la presenza/assenza di anticorpi anti-PF4 , con i metodi tradizionalmente usati nel proprio laboratorio.

È questo il più importante contributo per qualità del disegno e per numerosità dei partecipanti per poter dare un giudizio di merito sui test al momento disponibili per la rilevazione degli anticorpi della VITT.
I risultati dimostrano che i metodi ELISA, a differenza di quelli rapidi, in uso per la diagnostica della HIT, sono i più affidabili in termini di sensibilità e specificità. La rilevazione dimostra anche che i metodi funzionali per confermare che gli anticorpi siano capaci di attivare le piastrine, non posseggono una sufficiente affidabilità diagnostica. Sono, inoltre complessi e, quindi di difficile esecuzione in laboratori non particolarmente esperti.

In conclusione, a seguito della lettura del rapporto di questo esercizio si possono ricavare i seguenti messaggi.

  1. I metodi rapidi (non ELISA) ampiamente usati per la diagnostica della HIT, non sono validi per la diagnostica della VITT.
  2. I metodi funzionali per dimostrare che gli anticorpi siano in grado di attivare le piastrine presentano problemi di sensibilità e specificità, probabilmente a causa della loro complessità.

Una strategia percorribile potrebbe essere la costituzione di una rete di laboratori specialistici sul territorio nazionale a cui riferire i campioni positivi con metodi ELISA, riscontrati presso i laboratori periferici. Questi laboratori potrebbero dare una pronta ed esperta valutazione con test funzionali. Tale strategia, (già operativa in alcuni Paesi dell’Unione Europea), necessita però di una buona organizzazione, che consideri la necessità di una tempistica adeguata allo scopo.