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La HIT si associa a un aumento del rischio di eventi trombotici e va gestita in modo consapevole. Ecco i passaggi necessari (al netto della disponibilità dei test nei laboratori).

La piastrinopenia indotta da eparina (HIT) è una tra le più note reazioni immunologiche farmaco-indotte. È una patologia relativamente rara, ma non se si considera che insorge nello 0,5-1% dei pazienti esposti ad eparina a basso peso molecolare o non frazionata, tra i farmaci più prescritti a livello globale. L’importanza di una diagnosi corretta non è di natura puramente nosologica, ma è essenziale considerando che a differenza delle altre cause di piastrinopenia, la HIT si associa a un aumento del rischio di eventi trombotici, potenzialmente fatali.

La diagnosi richiede innanzitutto la dimostrazione laboratoristica della presenza di anticorpi anti-complesso PF4-eparina mediante un test immunologico e la loro quantificazione. Questo tipo di test possiede una elevata sensibilità e quindi un ottimo valore predittivo negativo. Tuttavia, la specificità è limitata, per cui le linee guida raccomandano l’esecuzione successiva di un test funzionale, per dimostrare l’effettiva capacità degli anticorpi di attivare le piastrine in vitro. Purtroppo, solo pochi centri in Italia (la stima attuale è di 7) possiedono la tecnologia e l’expertise necessarie per effettuare questo tipo di test, e dal canto loro, anche i test immunologici non sono sempre disponibili. Quali strategie, dunque, per ottimizzare la diagnosi della HIT nelle nostre realtà? Di questo e di altri temi legati alla piastrinopenia indotta da eparina si discuterà al convegno “Hit the HIT” previsto a Roma per il 10 e l’11 novembre.

Tornando ai vari passaggi per ottimizzare la diagnosi di HIT, in primo luogo è necessario implementare l’utilizzo dello score 4T ogni qualvolta si sospetti una HIT come causa di piastrinopenia. Si tratta di un punteggio che valuta 4 semplici parametri:

  1. l’entità della piastrinopenia
  2. il timing della comparsa della stessa in relazione all’introduzione della terapia eparinica
  3. l’eventuale presenza di fenomeni trombotici
  4. la sussistenza di altre possibili cause d trombocitopenia

I test specifici per la diagnosi di HIT sono raccomandati solo in presenza di un punteggio almeno pari a 4, ovvero indicativo di una probabilità pre-test almeno intermedia. Questo passaggio permette di ottimizzare la richiesta di laboratorio, limitandola ai soli casi davvero essenziali ed evitando la generazione di falsi positivi.
Una volta stabilita l’opportunità di procedere con l’algoritmo diagnostico, la teoria cede al passo alle realtà dei singoli presidi ospedalieri.

L’assenza di un test immunologico, tuttavia, non dovrebbe dissuadere il clinico dall’indagare l’effettiva presenza di una HIT. Infatti, la sola sospensione dell’eparina non è assolutamente sufficiente, in quanto la diagnosi di HIT comporta la necessità di prescrivere un anticoagulante alternativo a dosaggio pieno per prevenire gli eventi trombotici (cosa che non faremmo in altri casi di piastrinopenia in cui, anzi, saremmo più preoccupati dal rischio emorragico!). Ecco perché sarebbe auspicabile la creazione di protocolli e reti di collaborazione regionali per permettere a tutti i centri di ottenere i risultati di laboratorio richiesti in tempi ragionevoli.

D’altra parte, un aspetto da non trascurare è quello di evitare i falsi positivi: il solo riscontro di anticorpi non garantisce che essi siano effettivamente in grado di attivare le piastrine, generando la cascata protrombotica tipica della HIT. È bene ricordare che etichettare un paziente con la diagnosi di HIT comporta la controindicazione assoluta alla somministrazione di eparina per i 3 mesi successivi, e la controindicazione relativa per il resto della vita, eccetto casi particolari e solitamente previo dosaggio anticorpale e attento monitoraggio. Ecco perché limitarsi a un test immunologico può non essere sufficiente; l’eccezione è rappresentata da un titolo anticorpale particolarmente elevato in presenza di un’elevata probabilità pre-test (per esempio valori di ELISA> 2.0 optical density unit). Al di là di questa possibilità, gli sforzi dovrebbero essere rivolti al completamento della diagnosi mediante un test funzionale, da cui di nuovo la necessità di ottimizzare reti anche inter-regionali per l’invio dei campioni.

Una possibile strategia alternativa potrebbe essere fornita da recenti studi che hanno dimostrato come l’integrazione dei risultati di due test immunologici diversi, incrementi non solo la sensibilità, ma anche la specificità del test, riducendo pertanto i falsi positivi nei Centri che non dispongono del test funzionale.

Non dobbiamo infine dimenticare che, sebbene i costi della diagnostica possano apparire elevati, se i test vengono applicati nei casi in cui il rischio è consistente, possono tradursi nella prevenzione degli eventi trombotici potenzialmente fatali che insorgono tra il 35 e il 75% dei pazienti con HIT, rendendo di fatto la loro esecuzione cost-effective.

A cura di Martina Berteotti e Rossella Marcucci
SOD Malattie Aterotrombotiche, AOU Careggi, Firenze


Bibliografia

  • Warkentin TE, Sheppard JI, Smith JW, Li N, Moore JC, Arnold DM, Nazy I. Combination of two complementary automated rapid assays for diagnosis of heparin-induced thrombocytopenia (HIT). J Thromb Haemost. 2020 Jun;18(6):1435-1446. doi: 10.1111/jth.14794. Epub 2020 Apr 27. PMID: 32167669; PMCID: PMC7317897