La terapia con anticoagulanti orali diretti (DOAC) è il pilastro della prevenzione dell’ictus in pazienti con fibrillazione atriale non valvolare e della terapia e prevenzione secondaria del tromboembolismo venoso.
Grazie ai progressi della farmacoterapia, gli anticoagulanti orali utilizzati in clinica si sono evoluti in modo significativo negli ultimi decenni con l’obiettivo di ottimizzare l’efficacia riducendo al minimo i rischi di sanguinamento.
Sebbene siano stati apportati miglioramenti significativi verso questo obiettivo, il rischio di sanguinamento rimane tuttavia la principale preoccupazione al momento della prescrizione di queste terapie (secondo alcuni dati questo rischio, reale o percepito, fa sì che i DOAC non siano prescritti fino al 40% dei pazienti fibrillanti che ne avrebbero l’indicazione).
Una classe sperimentale di agenti che inibiscono il fattore XI (e che include piccole molecole ad uso orale e oligonucleotidi antisenso e anticorpi monoclonali ad uso parenterale) si è dimostrata promettente negli studi preclinici e clinici iniziali nel ridurre significativamente il sanguinamento mantenendo l’efficacia nella prevenzione di ictus ed embolia sistemica nei fibrillanti. Sono inoltre in valutazione anche altre indicazioni quali la prevenzione secondaria dell’ictus ischemico e delle sindromi coronariche acute in associazione agli antipiastrinici, la terapia del tromboembolismo venoso nei pazienti oncologici e la profilassi antitrombotica nei pazienti in emodialisi (studi di fase 3 in corso dopo i risultati incoraggianti degli studi di fase 2).
Al momento i dati disponibili sono tutti a sostegno di una migliore sicurezza degli inibitori del fattore XI rispetto ai DOAC mentre sussistono alcuni dubbi sulla loro pari efficacia dopo i primi dati dello studio di fase 3 OCEANIC AF che confrontava la piccola molecola ad uso orale asundexian con apixaban e che è stato sospeso per scarsa efficacia del farmaco anti-XI. È possibile che i farmaci parenterali anti fattore XI possano essere più efficaci di quelli orali per le loro diverse caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche che potrebbero assicurare una più incisiva e stabile inibizione del fattore XI. Ma solo i risultati degli studi di fase 3 in corso potranno stabilire se e in quali indicazioni vedremo nei prossimi anni la diffusione di questa nuova classe di anticoagulanti.