Due affascinanti quesiti. Partiamo dal primo.
Il dibattito su questa interessante tematica ha goduto di alterna popolarità. Si è passati dal convincimento, piuttosto diffuso fino ad una decina di anni fa, che la ricerca di un cancro occulto dovesse essere costantemente eseguita in pazienti con tromboembolismo venoso (TEV) di incerta interpretazione ad un atteggiamento più prudente, subentrato in tempi più recenti sulla scorta di risultati di studi che ridimensionavano la probabilità di neoplasia occulta e comunque negavano il vantaggio della sua ricerca.
In questo dibattito si sono inserite due recenti pubblicazioni. In primis una meta-analisi condotta su 10 studi prospettici con l’inclusione di 2371 pazienti con TEV idiopatico1. L’analisi è stata condotta sui dati individuali di tutti i pazienti. La prevalenza di neoplasia occulta si attestava attorno al 5% nei primi 12 mesi di follow-up. L’età si comportava come il maggiore discriminante, dal momento che il rischio di neoplasia in individui di età < 50 anni era trascurabile.
In una recente analisi post-hoc dello studio Hokusai-VTE (lo studio randomizzato di fase 3 che ha valutato edoxaban nel confronto con la terapia convenzionale per il trattamento del TEV), un gruppo di ricercatori ha testato il valore di due scores segnalati dalla letteratura (uno score di matrice spagnola ricavato dal registro RIETE ed uno di matrice nord-americana ricavato dallo studio SOME) ai fini della predittività dello sviluppo di cancro in soggetti reclutati nello studio in apparente assenza di neoplasia 2. La performance di entrambi gli score è risultata nel complesso deludente.
In conclusione, la frequenza di neoplasie occulte (1 per ogni 20 episodi di TEV idiopatico) è tutt’altro che trascurabile e scarsamente predicibile, pertanto richiede vigilanza. Vigilanza che non dovrebbe però spingere i medici ad effettuare con sistematicità indagini costose e pericolose, totalmente ingiustificate perché virtualmente ininfluenti sulla prognosi dei pazienti. Il buon senso clinico e l’esecuzione di indagini comunque giustificate per l’età ed il sesso dei pazienti rappresentano una risposta adeguata al problema, in quanto hanno ragionevoli chances di portare ad una diagnosi capace di impattare favorevolmente sulla prognosi. Merita poi rilievo il discorso dell’età. Al di sotto dei 50 anni la neoplasia occulta è molto rara. In individui giovani conviene decisamente orientarsi verso ipotesi fisiopatologiche diverse dalla neoplasia per l’interpretazione dell’episodio tromboembolico.
Affrontiamo ora il secondo quesito, non meno importante. Se fossimo capaci di individuare i pazienti neoplastici a più alto rischio di sviluppare complicanze tromboemboliche potremmo meglio indirizzare le nostre strategie antitrombotiche e finalizzare le nostre risorse. Tutto ciò che ora abbiamo in mano sono scores applicabili ai soli pazienti candidati alla chemioterapia (in primis lo score di Khorana semplice o modificato). Pochi giorni fa un gruppo austriaco che da molti anni si è segnalato per le iniziative in questo settore ha pubblicati i risultati di una indagine attesa da lungo tempo. Per dettagli più esaustivi rinvio alla lettura dell’articolo originale3. Qui mi limito a riportare che è stato derivato e validato prospetticamente in due ampie coorti indipendenti di pazienti ambulatoriali con neoplasie solide un semplice nomogramma che consente la rapida identificazione della probabilità di sviluppare un episodio di TEV nei 6 mesi successivi alla valutazione iniziale sulla base di due soli parametri: la tipologia del tumore ed il valore basale del D-dimero.
A questo scopo sono state considerate a basso rischio (punteggio 0) le neoplasie interessanti mammella e prostata, a rischio molto alto (punteggio 100) pancreas e stomaco, ed a rischio intermedio (punteggio 50) tutte le altre. Sono state escluse le neoplasie cerebrali. L’algoritmo è riportato nella figura allegata. Il calcolo è facile: si somma il punteggio sopra indicato a quello derivante dal valore del D-Dimero (scala superiore). Poi si plotta il punteggio così ottenuto contro l’incidenza cumulativa di TEV a sei mesi (scala inferiore).
In attesa di informazioni più solide a sostegno di questo semplice algoritmo, e soprattutto di studi che individuino il livello di probabilità al quale intraprendere la profilassi, invito i colleghi ad utilizzarlo e ad orientare verso la profilassi farmacologica, in assenza di controindicazioni, almeno i pazienti con probabilità attesa > 10% di sviluppare TEV entro sei mesi.
REFERENCES
- van Es N, Le Gal G, Otten HM, et al. Screening for occult cancer in patients with unprovoked venous thromboembolism: a systematic review and meta-analysis of individual patient data. Ann Intern Med 2017;107:410-7.
- Kraaijpoel N, van Es N, Raskob GE, et al. Risk scores for occult cancer in patients with venous thromboembolism: a post-hoc analysis of the Hokusai-VTE study. Thromb Haemost 2018 Jun 4. doi: 10.1055/s-0038-1649523. [Epub ahead of print]
- Pabinger I, van Es N, Heinze G, et al. A clinical prediction model for cancer-associated venous thromboembolism: a development and validation study in two independent prospective cohorts. Lancet Haematol 2018 Jun 6. pii: S2352-3026(18)30063-2. doi: 10.1016/S2352-3026(18)30063-2. [Epub ahead of print]