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La gestione dell’occlusione venosa retinica presenta ancora numerosi aspetti di incertezza, sia diagnostici che terapeutici, soprattutto per quanto riguarda la necessità e la durata di una terapia anticoagulante. Un nuovo studio del registro START valuterà  l’efficacia e la sicurezza dei trattamenti antitrombotici in uso ma anche il migliore approccio diagnostico e la storia naturale della malattia.

L’occlusione venosa retinica (OVR), una trombosi venosa “in sede inusuale”, che può coinvolgere la vena centrale della retina o i suoi rami, interessa più di 16 milioni di persone nel mondo rappresentando una patologia di frequente riscontro nella pratica clinica e di non facile risoluzione. Infatti, solo 1 paziente su 3 recupererà completamente l’acuità visiva. Nonostante la rilevanza del problema, gli studi clinici a disposizione sono scarsi (sia in quantità che qualità), non avendo incontrato l’interesse dell’industria farmaceutica che, quindi, spesso non li ha finanziati.

Se davanti al sospetto di occlusione venosa retinica (ad esempio per un calo repentino della vista) è indispensabile rivolgersi con urgenza allo specialista oculista che effettuerà gli accertamenti diagnostici e le procedure intraoculari necessarie, rimangono invece dei quesiti aperti sulla terapia antitrombotica, sia in occasione dell’evento acuto, che nel lungo termine.

In assenza di cause locali di OVR (come il glaucoma), la compressione delle vene retiniche da parte delle adiacenti arterie retiniche arteriosclerotiche ne è ritenuto il più probabile determinante. Infatti, generalmente i pazienti affetti da occlusione venosa retinica presentano i “classici” fattori di rischio cardiovascolare (ipertensione, diabete, dislipidemia) e sono ad aumentato rischio di patologie cardiovascolari come infarto miocardico ed ictus rispetto alla popolazione generale. La “responsabilità” di eventuali alterazioni trombofiliche rimane incerta anche se alcuni studi evidenziano un ruolo degli anticorpi antifosfolipidi e dell’iperomocisteinemia, soprattutto in persone giovani che non hanno altri fattori di rischio (1).

Sulla base di queste premesse e di alcuni piccoli trials (in particolare uno studio del 1984 che dimostrava un migliore esito visivo con l’assunzione di ticlopidina rispetto a placebo) (2), per circa due decenni la terapia antitrombotica consigliata è stata quella antiaggregante piastrinica associata, ovviamente, alla correzione dei fattori di rischio cardiovascolare.

In anni più recenti, almeno due metanalisi (1,3) sono giunte alla conclusione di una possibile vantaggio sull’outcome visivo della terapia anticoagulante con eparina a basso peso molecolare (EBPM) rispetto alla terapia antiaggregante piastrinica, somministrata nella fase acuta della occlusione venosa retinica. Tuttavia, la scarsità degli studi a disposizione non ha permesso di fare affermazioni conclusive e, nella pratica clinica, terapie diverse (DOAC, sulodexide, fondaparinux, mesoglicano) vengono spesso somministrate basandosi solo sulla plausibilità biologica (trombosi alla base dell’occlusione venosa).

Al fine di supportare l’operato del clinico in questo clima di incertezza la Società Italiana di Emostasi e Trombosi (SISET) ha recentemente redatto un documento di consenso che, sulla base delle migliori evidenze disponibili e dell’esperienza del panel di esperti, raccomanda in caso di OVR non provocata da fattori locali ed insorta da meno di 15-30 gg, l’utilizzo di EBPM a dose terapeutica nella fase acuta (prima settimana) seguita da una dose ridotta della metà per 1-3 mesi (4), se il paziente è a basso rischio emorragico. Tuttavia, le incertezze sottolineate dal panel di esperti sono molte e vanno dalla effettiva efficacia e sicurezza di questo approccio terapeutico, alla sua durata ottimale (anche nell’ottica di una prevenzione delle recidive), alla possibile efficacia di altre terapie (ad esempio i DOAC che non sono mai stati studiati in questo contesto).

Inoltre, il documento di consenso sottolinea l’importanza della valutazione e del controllo dei fattori di rischio cardiovascolare. La terapia antiaggregante piastrinica a lungo termine viene raccomandata solo nei casi in cui il rischio cardiovascolare sia effettivamente aumentato. Nei pazienti giovani (<45 anni) senza fattori di rischio il dosaggio degli anticorpi antifosfolipidi e dell’omocisteinemia è consigliato ma l’effettivo impatto di questi ed altri fattori trombofilici, nonché di altri possibili determinanti, come l’iperviscosità dovuta ad esempio a mieloma multiplo o ad altre patologie ematologiche, rimane incerto ed oggetto di studio.

Al fine di ottenere informazioni estese ed aggiornate sull’efficacia e la sicurezza dei trattamenti antitrombotici in uso per l’occlusione venosa retinica nella reale pratica clinica, ma anche sul ruolo dei fattori predisponenti e sulla gestione nel lungo termine, un nuovo studio del registro START, lo START-OVR, è ai “blocchi di partenza”.

Il registro START (Survey on anticoagulated pAtients RegisTer)il più vasto registro italiano con dati di vita reale, nato per monitorare i pazienti che assumono la terapia anticoagulante ed antitrombotica, è un progetto indipendente e no-profit coordinato e finanziato dalla Fondazione Arianna Anticoagulazione di Bologna, che coinvolge circa 100 centri ospedalieri italiani. La raccolta dei dati, che negli oltre 10 anni di attività ha riguardato circa 20.000 pazienti, avviene in modo completamente gratuito e volontario ad opera dei medici referenti dei centri con lo scopo di raccogliere informazioni che possano migliorare la pratica clinica.

“Data la mancanza di evidenze e protocolli certi relativi al comportamento diagnostico ed all’uso della terapia antitrombotica nell’occlusione venosa retinica”, ha spiegato il Prof. Paolo Gresele, Past President della SISET e coordinatore del progetto START-OVR- “abbiamo deciso di raccogliere il maggior numero possibile di informazioni riguardanti le strategie di trattamento di questi pazienti nei centri emostasi e trombosi italiani e l’efficacia di queste strategie”. Di fatto non vi sono dati sugli esiti a lungo termine dei differenti approcci terapeutici nei pazienti con OVR né sul valore prognostico di numerosi parametri clinici e laboratoristici di frequente uso clinico.

Il registro consentirà di valutare, inoltre, anche l’incidenza e la prevalenza di questa patologia vascolare nella popolazione italiana (dati che attualmente non abbiamo), l’impatto dei fattori di rischio cardiovascolari e della trombofilia e la storia naturale della malattia (rischio di recidive e di eventi cardiovascolari a lungo termine).

“Lo START-OVR sarà il primo registro italiano multicentrico sulla trombosi venosa retinica, ma anche a livello internazionale non esistono database di questo tipo – ha concluso Gresele – pertanto speriamo di poter ricavare delle informazioni preziose per la gestione dei nostri pazienti e speriamo di raccogliere, con la collaborazione di tutti gli esperti in emostasi e trombosi italiani e di molti colleghi oculisti, una ricca casistica che le potrà fornire”.

Per partecipare allo studio si può inviare la propria candidatura scrivendo al seguente indirizzo: info@fondazionearianna.org oppure collegandosi al seguente link  https://ariannafoundation.org/web/candidaturaprogetti/

Bibliografia

  1. Valeriani E, Paciullo F, Porfidia A, et al. Antithrombotic treatment for retinal vein occlusion: a systematic review and meta-analysis [published online ahead of print, 2022 Dec 22]. J Thromb Haemost. 2022;S1538-7836(22)07169-0. doi:10.1016/j.jtha.2022.10.003
  2. Houtsmuller AJ, Vermeulen JA, Klompe M, et al. The influence of ticlopidine on the natural course of retinal vein occlusion. Agents Actions Suppl. 1984;15:219-229.
  3. Lazo-Langner A, Hawel J, Ageno W, et al. Low molecular weight heparin for the treatment of retinal vein occlusion: a systematic review and metaanalysis of randomized trials. Haematologica 2010; 95: 1587-93
  4. Paciullo F, Valeriani E, Porfidia A, et al. Antithrombotic treatment of retinal vein occlusion: a position statement from the Italian Society on Thrombosis and Haemostasis (SISET). Blood Transfus. 2022;20(4):341-347. doi:10.2450/2022.0276-21