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La pressochè contemporanea pubblicazione di una indagine meta-analitica e di uno studio di coorte mi offre l’opportunità di commentare le prospettive di impiego nel mondo reale dei nuovi anticoagulanti diretti (NAO) per la terapia del tromboembolismo venoso nei pazienti neoplastici (CAT).

Difatti, nonostante i risultati dei primi due studi di confronto tra eparine a basso p.m. e NAO si siano resi disponibili solo da breve tempo, in realtà i NAO sono registrati ed impiegati nella pratica clinica per questa indicazione da diversi anni: da una parte per la diffidenza della classe medica nei confronti di una classe di farmaci, gli antagonisti della vitamina K, risultati palesemente inferiori alle eparine; dall’altra per la consapevolezza che le eparine non sono gradite ai pazienti, hanno un costo molto elevato che finisce per pregiudicarne la rimborsabilità, e presentano in assoluto un profilo terapeutico non ideale. Difatti, con frequenza vicina ad 1/5 dei pazienti neoplastici posti in trattamento continuativo con le eparine, queste devono essere sospese entro i primi 6-12 mesi per lo sviluppo di recidive tromboemboliche sintomatiche e/o complicanze emorragiche maggiori (vedi post del 13 marzo).

Giova rammentare che nel confronto diretto con le eparine in due studi controllati randomizzati (con l’impiego dell’edoxaban nel primo e del rivaroxaban nel secondo), i NAO hanno mostrato un profilo beneficio/rischio confrontabile, che scaturisce dal bilancio tra una efficacia inaspettatamente superiore ed un maggiore rischio emorragico, soprattutto nei pazienti con neoplasie gastrointestinali (vedi post del 14 dicembre). Rilievo che è stato sottolineato da una recentissima analisi meta-analitica dei due studi1. Se i risultati dei due studi danno un ragionevole sostegno all’impiego dei NAO nella pratica clinica, occorre però tenere presente che la selezione resa necessaria dal soddisfacimento dei rigidi criteri di inclusione e di esclusione che contraddistinguono la maggioranza degli studi clinici controllati randomizzati finisce inevitabilmente per compromettere la generalizzabilità dei risultati raggiunti.

Occorre quindi acquisire informazioni dal mondo reale a sostegno dei risultati dei trials, e questo è reso possibile proprio per la frequenza con cui i medici hanno iniziato già da molti anni – ancor prima quindi che si rendessero disponibili i risultati dei trials sopra citati – ad impiegare i NAO in pazienti neoplastici. Prendendo come esempio la realtà statunitense, i NAO sono attualmente impiegati per la terapia della CAT in 1 paziente su 5, e nel 97% dei casi il farmaco impiegato è il rivaroxaban2.

Gli autori di una recente meta-analisi hanno indagato in modo rigoroso i risultati di sei studi, tre prospettici e tre retrospettivi, condotti con l’impiego del rivaroxaban3. La campionatura di pazienti arruolati oscillava tra 41 e 949, la loro età media tra 60 e 70 anni, la durata del trattamento e del relativo follow-up tra 164 e 496 giorni. Le neoplasie erano costantemente definite come attive, ed interessavano più frequentemente il tratto gastrointestinale (range: 12.0-56.0%), quello genitourinario (range: 8.6-26.0%), e la mammella (range: 9.3-25.5%). La dose di rivaroxaban non è riferita in tre studi, e nei rimanenti è riportata in stretta aderenza con quella adottata negli studi randomizzati (15 mg x 2/die per tre settimane, seguiti da 20 mg/die in unica somministrazione), anche se in uno era prevista una riduzione del dosaggio negli ultrasettantacinquenni (in contrasto con le indicazioni degli studi che non la prevedono nei pazienti con TEV, a differenza che per la prevenzione dell’ictus nei pazienti fibrillanti). Come si può chiaramente vedere nella figura allegata, i risultati dei sei studi sono risultati sostanzialmente sovrapponibili, ciò che ovviamente conferisce valore ai risultati della meta-analisi. Globalmente, l’incidenza di eventi tromboembolici sintomatici è risultata 4.2% (95%CI: 2.6-6.6%), quella di complicanze emorragiche maggiori 2.9% (95%CI=1.6-5.0%), e la mortalità totale 16.1% (95%CI=6.0-36).

 

Contemporaneamente alla pubblicazione di questa meta-analisi si sono resi disponibili i risultati di un’osservazione di coorte eseguita alla Mayo Clinic, i cui risultati sono coerenti con quelli ora descritti4. Gli autori riportano l’outcome di 266 pazienti con CAT assegnati alla terapia con rivaroxaban (98) od enoxaparina (168). Non sono state registrate differenze significative tra i due gruppi sia per quanto riguarda l’incidenza di recidive tromboemboliche che quella di emorragie maggiori e mortalità totale.

Il commento

Con l’eccezione della mortalità totale, risultata più bassa dell’atteso, la frequenza di episodi tromboembolici recidivanti e quella di eventi emorragici maggiori è in linea con i risultati ottenuti sia per l’edoxaban che per il rivaroxaban stesso negli studi che li hanno testati nel confronto diretto con le eparine. Per lo meno con l’impiego del rivaroxaban i risultati provenienti dal mondo reale danno pertanto un importante sostegno a quelli provenienti dai trials clinici, e suggeriscono quindi l’immediata applicabilità alla pratica clinica dell’impiego dei DOAC in tutti i pazienti con CAT in cui possono essere somministrati e non sono controindicati.

Bibliografia

  1. Li A, Garcia DA, Lyman GH, Carrier M. Direct oral anticoagulant (DOAC) versus low-molecular-weight heparin (LMWH) for treatment of cancer associated thrombosis (CAT): A systematic review and meta-analysis. Thromb Res 2018 Mar 2. pii: S0049-3848(18)30216-0. doi: 10.1016/j.thromres.2018.02.144.
  2. Khorana AA, Yannicelli D, McCrae, et al. Evaluation of US prescription patterns: are treatment guidelines for cancer-associated venous thromboembolism being followed? Thromb Res 2016;145:51-53.
  3. Martinez BK, Sheth J, Patel N, Baker WL, Coleman CI. Systematic review and meta-analysis of real-world studies evaluating rivaroxaban for cancer-associated venous thrombosis. Pharmacotherapy. 2018 Mar 31. doi: 10.1002/phar.2113.
  4. Simmons B, Wysokinski W, Saadiq RA, et al. Efficacy and safety of rivaroxaban compared to enoxaparin in treatment of cancer associated venous thromboembolism. Eur J Haematol 2018 Apr 4. doi: 10.1111/ejh.13074.