Lo studio CELEST ha documentato che l’utilizzo routinario di calza elastica a compressione minore (25 mmHg) può essere efficace come quella a compressione più elevata (35 mmHg) per la prevenzione della sindrome post-tromboflebitica. Il risultato è legato alla maggiore aderenza alla terapia elastocompressiva nel gruppo di pazienti che indossavano una calza più “leggera”.

La storia dell’elastocompressione per la prevenzione della sindrome post-tromboflebitica (PTS) è ricca di colpi di scena. Dopo che alcuni studi controllati ne avevano dimostrato il vantaggio, così da rappresentare un presidio imprescindibile in pazienti con trombosi venosa profonda (TVP) degli arti, uno studio multicentrico nordamericano in doppio cieco-controllato vs calze finte (SOX), pubblicato nel 2014 nel Lancet, ne ha sorprendentemente negato il valore1. Di conseguenza, le più accreditate linee guida internazionali ne hanno scoraggiato l’impiego. Poi le calze hanno iniziato a risalire la corrente. Lo studio OCTAVIA di confronto tra uno e due anni di elastocompressione ha dimostrato la superiorità del periodo più lungo2. Una successiva meta-analisi degli studi randomizzati (con l’inclusione del SOX) ha dimostrato un trend così favorevole alle calze da sfiorare la significatività3. Uno studio randomizzato italo-olandese (IDEAL) ha sfidato la durata generalmente raccomandata per una prevenzione efficace (due anni), dimostrando che le calze possono essere sospese senza perdita di beneficio a partire dal sesto mese se la sintomatologia a carico dell’arto inferiore è considerevolmente regredita4. La subanalisi di uno studio prospettico di coorte ha identificato nei pazienti con residuo trombotico a distanza di tre mesi dalla TVP il sottogruppo a maggiore probabilità di beneficiare dell’elastocompressione5.

IN BREVE…
Benché ci sia ancora incertezza sull’efficacia delle calze elastiche per proteggere nei confronti di complicazioni a lungo termine (pesantezza, gonfiore, comparsa di chiazze oscure sulla pelle, talvolta rottura della pelle stessa con formazione di ulcere di difficile guarigione) i soggetti che hanno sviluppato una trombosi venosa della gamba, la maggior parte dei medici è favorevole al loro impiego. Le calze raccomandate (gambaletti corti o calze a tutta gamba) presentano però un inconveniente che finisce per limitarne l’impiego, rappresentato dall’alta pressione generalmente raccomandata (30-40 mm Hg alla caviglia), che risulta francamente intollerabile per molti pazienti. Per tale motivo è stato condotto uno studio di confronto tra due tipologie di calze, quelle tradizionali e calze più leggere (20-30 mm Hg alla caviglia). Lo studio ha dimostrato la totale equivalenza tra le due tipologie di calze, così da indurre a consigliare le calze più leggere nella maggior parte dei casi. Però attenzione. I risultati dello studio sono stati fortemente condizionati (come era prevedibile) dalla ben più elevata aderenza alla terapia tra coloro che erano stati assegnati alle calze più leggere. Ma se il confronto era limitato al sottogruppo di pazienti che in entrambi i gruppi sono stati fortemente aderenti alla prescrizione, ne emergeva un vantaggio per le calze tradizionali. Si raccomanda pertanto l’impiego di queste ultime nei soggetti a più alto rischio di sviluppare queste complicazioni a lungo termine (per estensione e gravità della trombosi, per pregresse trombosi o per fattori aggiuntivi di rischio, tra cui figurano l’obesità e le vene varicose).

Tanto è bastato perché la maggior parte degli operatori abbia ripreso a prescrivere le calze elastiche, per lo più sotto forma di gambaletti corti (sotto il ginocchio), dimostratisi in studi del passato altrettanto efficaci delle calze a tutta gamba. La sistematicità del loro impiego è però spesso preclusa da una pressione alla caviglia (30-40 mm Hg) giudicata da molti pazienti intollerabile. Per tale motivo alcuni ricercatori francesi hanno promosso un trial clinico randomizzato di confronto tra calze di diversa pressione alla caviglia. Tale studio (CELEST) è stato eseguito con un disegno in doppio-cieco controllato e portato a termine in 46 centri in Francia 6.

341 pazienti reduci da un episodio di TVP prossimale sono stati randomizzati a ricevere calze elastiche di differente pressione alla caviglia (25 o 35 mm Hg) per la durata di due anni, nel corso dei quali erano previste visite in presenza (dopo 3 mesi, 1 anno e 2 anni) ed interviste telefoniche a scadenze intermedie. La lunghezza delle calze era lasciata a discrezione dei pazienti, tipologia e durata dell’anticoagulazione a discrezione dei curanti. I due gruppi sono risultati del tutto confrontabili per parametri anagrafici ed anamnestici. In particolare, era simile la tipologia di TVP in termini di eziologia e localizzazione, e simile la positività dello score di Villalta all’ingresso nello studio. Lo studio ha dimostrato che a due anni di distanza non vi era differenza nella proporzione cumulativa di pazienti che avevano sviluppato la PTS (31 vs 33% p non inferiorità =0·0062; rischio relativo0·93, 95% CI 0·65-1·33).

Si può quindi concludere che la pressione giudicata sin qui efficace (30-40 mm Hg alla caviglia) era in realtà eccessiva? Le cose non stanno esattamente così, ed ora vediamo perché. Se guardiamo attentamente ai risultati dello studio, ci accorgiamo di due aspetti. Il primo è che l’aderenza alla prescrizione ha giocato un ruolo chiave nel determinismo del risultato. Difatti, prescindendo dal gruppo di trattamento, la PTS si è sviluppata con frequenza minore all’aumentare del livello di aderenza alla terapia elastocompressiva. Sono stati considerati pazienti molto aderenti quelli che indossavano la calza almeno l’80% della giornata, ragionevolmente aderenti quelli che la indossavano almeno per il 50% e non aderenti gli altri. E sia un’aderenza ragionevole che una ottimale sono state registrate nel gruppo assegnato alle calze leggere con frequenza nettamente superiore rispetto al gruppo assegnato alle calze più strette. L’equivalenza tra le due tipologie di calze è stata pertanto raggiunta in conseguenza del più alto numero di pazienti aderenti tra coloro che erano stati assegnati alle calze più leggere. Il secondo aspetto, tutt’altro che di trascurabile importanza, è che quando l’analisi era limitata al confronto tra i soli pazienti dei due gruppi in cui l’aderenza era stata ottimale emergeva una netta superiorità delle calze a pressione maggiore. Queste ultime sono pertanto verosimilmente più efficaci delle calze leggere. Ma pagano un prezzo altissimo in termini di tollerabilità, che finisce per vanificarne l’efficacia.

I risultati di questo studio importante e necessario da una parte permettono di dimostrare l’equivalenza tra calze elastiche di differente pressione in termini di sviluppo di PTS, dall’altra forniscono – semmai ce ne fosse stato bisogno – una ulteriore indiretta dimostrazione dell’efficacia dell’elastocompressione, in quanto a parità di aderenza all’impiego PTS si sviluppa con frequenza inferiore tra i soggetti che indossano le calze convenzionalmente raccomandate (30-40 mm Hg alla caviglia). Queste ultime potranno (dovranno) essere ancora raccomandate ai pazienti a più alto rischio di sviluppo di PTS. Negli altri sono sufficienti le calze più leggere (20-30 mm Hg).

HIGHLIGHTS CLINICI
• Benché l’efficacia dell’elastocompressione per la prevenzione della sindrome post-tromboflebitica (PTS) in pazienti reduci da un episodio di TVP prossimale sia ancora incerta, l’orientamento della classe medica, supportato dai risultati di recenti studi, è generalmente favorevole al loro impiego. Tuttavia, un ostacolo alla sistematicità del loro impiego è tuttora rappresentato dall’alta pressione alla caviglia (30-40 mm Hg) di quelle generalmente raccomandate.
• Per tale motivo un gruppo di ricercatori francesi ha promosso uno studio randomizzato in doppio cieco controllato (CELEST) di confronto tra due tipologie di calze (35 vs 25 mm Hg) da usare per due anni.
• I risultati dello studio CELEST supportano l’impiego routinario delle calze più leggere, risultate capaci di proteggere dalla PTS (valutata con score di Villalta a scadenze prefissate durante il follow-up) al termine dei due anni programmati in misura sovrapponibile alle calze più strette.
• Il risultato è stato determinato in modo cruciale dalla maggiore compliance dei pazienti assegnati alle calze più leggere. Difatti, quando il confronto era limitato al sottogruppo di pazienti altamente aderenti alla prescrizione si delineava un vantaggio per le calze tradizionali, il cui uso risulta pertanto ancora raccomandato nei pazienti a più alto rischio di sviluppare la complicanza

Bibliografia

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