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La fibrillazione atriale è la più comune aritmia ed è divenuta un serio problema di sanità pubblica per la grande diffusione di tale malattia.

Si stima che oltre 6 milioni di Europei ne sia affetto e si prevede che negli Stati Uniti il numero di pazienti fibrillanti raggiungerà i 16 milioni nel 2050. Ci sono numerose differenze di carattere epidemiologico, nelle manifestazioni cliniche e nell’incidenza di stroke tra uomini e donne.
Le donne che soffrono di fibrillazione atriale hanno una diversa prognosi, dovuta ad una maggiore incidenza di stroke e di scompenso cardiaco, con una più elevata mortalità.
Nello Studio Framingham si è dimostrato che i pazienti con FA hanno una mortalità più elevata, con un OR di 1.5 per gli uomini e 1.9 per le donne. Questi dati sono stati recentemente confermati dal Global Burden of Disease Study 1 e tale aumento di mortalità è principalmente correlato alla più alta incidenza di stroke e di scompenso cardiaco. E’ noto che la FA spesso inizia come forma parossistica ed evolve nel 20% dei casi in 5 anni nella forma permanente o cronica. Non ci sono differenze di genere in questa evoluzione tra le diverse forme dell’aritmia.
Invece le manifestazioni cliniche della malattia differiscono tra i due sessi. Infatti, mentre la frequenza di dispnea è simile tra i due sessi, le donne lamentano più spesso la sensazione di cardiopalmo e l’ansia che a questa si associa. Hanno inoltre degli episodi parossistici più lunghi e sintomatici degli uomini. Numerosi studi dimostrano come questo si associ ad una peggiore qualità della vita per le donne. Tuttavia la differenza più importante tra uomini e donne con fibrillazione atriale è senza dubbio il più elevato rischio di stroke tra le donne, in particolare tra quelle di età avanzata.
Questa osservazione è stata riportata da numerosi autori ed era emersa nei primi studi condotti sul rischio di stroke nella fibrillazione, anche se questo dato non era stato rilevato in maniera univoca da tutti gli autori. Per tale ragione solo alcuni score per la stratificazione del rischio avevano considerato il genere femminile tra gli item da valutare e, in particolare, il sesso femminile non è stato incluso nello score CHADS2 che rappresenta uno dei modelli più utilizzati nella pratica clinica.
La recente pubblicazione di due metanalisi condotte sugli studi pubblicati ha dimostrato in maniera evidente che le donne hanno un rischio di stroke maggiore degli uomini di circa il 30% (risk ratio 1.31; 95% CI 1.18-1.46) che è anche superiore nelle donne di età ≥75 anni 2-3. Pertanto nella revisione dello stroke CHADS2 nota come CHA2DS2Vasc score 4, il sesso femminile è stato introdotto con un punteggio di 1 punto nel calcolo dello score, da applicare tuttavia solo alle pazienti di età >65 anni.
Tale modello di stratificazione del rischio è stato indicato dalla Società Europea di Cardiologia e dalla Federazione Italiana dei Centri per diagnosi della trombosi e la sorveglianza delle terapie antitrombotiche (FCSA) come modello di riferimento da adottare nella pratica clinica. Invece non è stato recepito dalle Società scientifiche Nord Americane.
Altre differenze di genere nella FA sono rappresentate dalla più elevata frequenza di fattori di rischio associati che possono almeno in parte rendere ragione dell’aumentato rischio di stroke. Infatti le donne presentano un peggiore controllo dell’ipertensione e hanno con frequenza più elevata scompenso cardiaco, in particolare nella forma con frazione di eiezione del ventricolo sinistro normale anziché ridotta. Invece la risposta ai farmaci antiaritmici è analoga tra i due sessi, così come l’efficacia delle procedure di cardioversione elettrica.
La prescrizione di anticoagulanti orali avviene in misura analoga tra i due sessi. Quando il trattamento viene effettuato con farmaci anti vitamina K (AVK) le donne necessitano di una dose media di farmaco inferiore rispetto agli uomini (per warfarin30 vs 25 mg per settimana rispettivamente; p< 0.0001) 2. La qualità della terapia anticoagulante è sovrapponibile tra i due sessi, anche se alcuni studi segnalano che sia peggiore tra le donne. Tali dati necessitano di ulteriori conferme in studi adeguati.
Allo stesso modo il beneficio degli anticoagulanti orali diretti di recente commercializzazione è simile tra i due sessi. Tuttavia è noto che dabigatran, l’unico tra i nuovi anticoagulanti orali per cui tali dati siano stati ad oggi pubblicati, presenta una notevole variabilità di concentrazioni plasmatiche a parità di dose. Tali concentrazioni sono dipendenti dall’età, dal sesso e dal peso oltre che dalla funzione renale e correlano sia con il rischio emorragico che con quello trombotico. Le più alte concentrazioni rilevate nelle donne sono probabilmente correlate con il più basso peso corporeo medio e con i più bassi livelli di creatinina clearance usualmente presenti nelle donne. Per tale ragione il farmaco deve essere usato con cautela nelle donne anziane, in particolare se di basso peso corporeo e con ridotta funzionalità renale.
In relazione al rischio emorragico non ci sono differenze sostanziali tra uomini e donne, tuttavia alcuni studi hanno segnalato un più basso rischio di emorragia intracranica tra le donne, anche se questi dati necessitano di essere confermati da ulteriori studi. In conclusione la FA tra le donne, in particolare se anziane, è associata ad un maggiore rischio di stroke. Pertanto è necessario che sia attentamente ricercata e che una terapia anticoagulante in prevenzione sia prontamente instaurata.

Bibliografia

  1. Chugh SS, Havmoeller R, Narayanan K, et al. Epidemiology of Atrial Fibrillation A Global Burden of Disease 2010 Study. Circulation. 2014;129(8):837-847.
  2. Wagstaff AJ, Overard TF, Lip GYH, Lane DA. Is female sex a risk factor for stroke and thromboembolism in patients with atrial fibrillation? A systematic review and meta-analysis. QJM 2014;107 (12):955-967.
  3. Conen D, Chae CU, Glynn RJ, Tedrow UB, Everett BM, Buring JE, Albert CM. Risk of Death and Cardiovascular Events in Initially HealthyWomen with New-Onset Atrial Fibrillation. JAMA. 2011;305:2080–2087.
  4. Lip GY1, Nieuwlaat R, Pisters R, Lane DA, Crijns HJ. Refining clinical risk stratification for predicting stroke and thromboembolism in atrial fibrillation using a novel risk factor-based approach: the euro heart survey on atrial fibrillation. Chest. 2010 Feb;137(2):263-72.