Novità dallo studio START

Si arricchisce di novità, presentate all’8° Convegno di Fondazione Arianna Anticoagulazione, lo studio START (Survey on anticoagulated pAtients RegisTer), che oggi si avvale della partecipazione di 134 centri clinici italiani e della collaborazione con diverse società scientifiche (FCSA, SISET, SIAPAV).

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Pazienti anticoagulati: meno Centri e più territorio (che non c’è)

Durante la seconda giornata dell’8° Convegno di Fondazione Arianna Anticoagulazione un intenso dialogo tra Istituzioni, Società Scientifiche e associazioni di pazienti ha messo in luce le attuali criticità legate alla gestione dei pazienti in terapia anticoagulante, dalla chiusura di centri che se ne occupano alla scarsa integrazione tra ospedale e territorio. L’intervento di Nicola Magrini, ex direttore di AIFA, di Valerio De Stefano presidente di SISET (Società Italiana per lo Studio dell’Emostasi e della Trombosi), di numerose rappresentanze di FCSA (Federazione dei Centri per la diagnosi della Trombosi e la Sorveglianze delle terapie Antitrombotiche) ed A.I.P.A (Associazione Italiana Pazienti Anticoagulati), ha consentito di delineare linee di intervento comuni a beneficio dei pazienti che necessitano di trattamenti anticoagulanti.

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Medicina di genere: le differenze che fanno la differenza

“L’appartenenza di genere è uno degli elementi chiave della medicina personalizzata”. Questo concetto, espresso da Rita Levi Montalcini già nel 1985, con il genio di chi precorre i tempi, ma sancito dall’OMS solo nel 2009, ha costituito il “fil rouge” del Convegno “Le differenze che fanno la differenza. Una strategia di comunicazione generativa per promuovere la salute di genere sul territorio” che si è tenuto all’Ospedale Careggi di Firenze in occasione dell’8 marzo.

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Bassi livelli di DOAC nella fibrillazione atriale: un fattore di rischio per gli eventi trombotici-Lo studio MAS

Ridurre il più possibile gli eventi ischemici in pazienti con fibrillazione atriale in trattamento con anticoagulanti orali diretti (DOAC): un’opportunità può giungere dalla misurazione dell’attività del farmaco nei pazienti quando iniziano la terapia. Questi i risultati dello studio MAS (Measure And See Study), appena pubblicato su Blood Advances, che ha evidenziato per la prima volta la relazione tra bassi livelli plasmatici all’inizio della terapia e complicanze trombotiche ad un anno di osservazione (1).

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Anticoagulanti orali per il tromboembolismo venoso: luci e ombre della Nota AIFA101

Con l’applicazione della nota AIFA 101, pubblicata in Gazzetta Ufficiale ad ottobre scorso ma attualmente sospesa fino al 4 aprile 2024, gli anticoagulanti orali diretti (DOAC) diventeranno prescrivibili da parte dei medici non specialisti anche per il tromboembolismo venoso (trombosi venosa profonda ed embolia polmonare), analogamente a quanto già avviene per la fibrillazione atriale. La nota prevede un piano terapeutico per la prescrizione dei farmaci anticoagulanti orali (anche anti-vitamina K) nel contesto clinico del tromboembolismo venoso e contiene una serie di indicazioni per guidare la prescrizione. Il documento ha suscitato notevoli preoccupazioni da parte di ben otto società scientifiche (SISET, FCSA, SIAPAV, SIMI, FADOI, SIE, SIC, ANMCO) che hanno inviato congiuntamente una lettera all’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), ancora in attesa di risposta. Ne abbiamo parlato con la dott.ssa Daniela Poli, presidente FCSA e con il prof. Valerio De Stefano, presidente SISET.

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DOAC e pazienti sottopeso o con obesità: sono sicuri?

L’International Society on Thrombosis and Haemostasis (ISTH) dà delle indicazioni che riguardano i pazienti affetti da obesità, ma mette in luce la mancanza di sufficienti informazioni su molti aspetti (e farmaci). I risultati dello studio START2, relativi ai pazienti con estremi di peso (più di 120 Kg o meno di 50 Kg) in terapia con anticoagulanti orali diretti (DOAC) o anti-vitamina K (AVK), hanno fornito dati rassicuranti (1). Tuttavia, particolare attenzione va riservata ai soggetti fortemente sottopeso, spesso affetti da altre importanti comorbidità ed ai pazienti con obesità severa non sufficientemente rappresentati negli studi clinici.

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Si ringrazia la McMaster University
per la gentile concessione