Sono stati appena pubblicati su Blood Advances i risultati dello studio MAS (Measure and See Study) relativi all’associazione tra complicanze emorragiche precoci ed alti livelli di DOAC misurati all’inizio della terapia in pazienti con fibrillazione atriale (1).
Lo studio MAS è uno studio indipendente promosso da Fondazione Arianna Anticoagulazione che ha coinvolto 1657 soggetti afferenti a 27 centri affiliati alla Federazione dei Centri per la Diagnosi della Trombosi e la Sorveglianza delle Terapie Antitrombotiche (FCSA),
Questa seconda pubblicazione, che fa seguito alla prima sulle complicanze trombotiche (2), mette in luce come alti livelli di DOAC (apixaban, rivaroxaban, edoxaban e dabigatran), misurati “a valle” dopo 15-30 giorni dall’inizio della terapia anticoagulante per fibrillazione atriale, risultano associati ad un rischio del 36% più elevato di sviluppare emorragie sia maggiori (MB) che non maggiori ma clinicamente rilevanti (CRNMB) nei primi tre mesi dopo l’inizio della terapia (HR 1,36 95% CI 1,02-1,78), indipendentemente dal rischio emorragico di base (HAS-BLED score, peso corporeo, funzionalità renale e concomitante assunzione di antiaggreganti piastrinici).
Su 1657 soggetti inclusi nello studio MAS, il 57.8% erano in trattamento con dosi standard e 42,2% con dosi ridotte di DOAC. Complessivamente si sono verificati 50 eventi emorragici (3,1% p/y), 30 MB e 20 CRNMB. La complicanza emorragica si è presentata più frequentemente nei pazienti con alti livelli di attività del farmaco (valori standardizzati rispetto alla media per tipo di farmaco e dosaggio), misurati a valle, rispetto a quelli con livelli inferiori (4,97% p/y vs 2,69% p/y, p=0,0401). Questa differenza non è risultata significativa confrontando i livelli misurati al “picco”.
Il 58% (29/50) delle complicanze emorragiche si è verificato in chi era trattato con dosi ridotte e, cosa ancora più importante, il dosaggio del DOAC è risultato scarsamente predittivo del livello del farmaco misurato, in quanto il 19% dei soggetti in trattamento con dosi ridotte presentava livelli di DOAC nella fascia più alta di attività, esattamente come il 19% dei pazienti in terapia con dosi standard. In particolare, 133 pazienti in trattamento con dosi ridotte di DOAC avevano livelli di farmaco nella classe di attività più elevata e proprio questi pazienti hanno presentato la maggiore incidenza di eventi emorragici (8,3% anni/paziente).
“Penso che questi risultati, in associazione con quelli già riportati nello studio relativo alle complicanze trombotiche, dimostrino che la misura dei livelli di anticoagulazione in corso di terapia con i DOAC possa consentire, in particolare nei pazienti più complessi trattati con le basse dosi, un miglioramento del trattamento riducendo il rischio di complicanze” -ha spiegato Sophie Testa, coordinatrice dello studio. Tuttavia, saranno necessari ulteriori studi (già in corso di pianificazione) per verificare se “modulare” il dosaggio del farmaco sulla base della risposta individuale, evidenziata dalla misurazione delle concentrazioni plasmatiche, riesca a ridurre il rischio di andare incontro ad emorragie o trombosi in corso di terapia anticoagulante con DOAC.
L’assunzione di dosi ridotte è risultata essa stessa un fattore di rischio indipendente di emorragia nei primi tre mesi (HR 3,61 95% CI 1,28-10,2). Questo riscontro era in parte atteso in considerazione del fatto che dosi ridotte sono generalmente riservate ai pazienti più fragili e\o considerati ad elevato rischio emorragico.
In ogni caso, l’impiego di dosi ridotte non è risultato in grado di evitare elevati livelli plasmatici del farmaco né di prevenire le complicanze emorragiche.
“Questi risultati ci dimostrano che la scelta di usare le basse dosi, in una grande porzione di pazienti fibrillanti, non è sufficiente per evitare che in un certo numero di costoro il livello di DOAC sia comunque inutilmente e pericolosamente troppo elevato. Inoltre, la scelta delle basse dosi non evita la comparsa di problemi emorragici, comunque più attesi in una popolazione a maggior rischio” -ha spiegato Gualtiero Palareti, presidente di Fondazione Arianna Anticoagulazione- “Questi risultati, insieme a quelli relativi agli eventi trombotici, ci inducono a ritenere che la grande efficacia e sicurezza dei DOAC possa essere ulteriormente migliorata. Ma questo sarà oggetto degli studi futuri” -ha concluso Palareti.
Bibliografia:
- Palareti G.https://doi.org/10.1182/bloodadvances.2024013126 Testa S. Legnani C. Dellanoce C. Cini M Paoletti O. Ciampa A. Antonucci E. Poli D. Morandini R. Tala M. Chiarugi P. Santoro RD Iannone A.M. De Candia E. Pignatelli P. Faioni E.M Chistolini A. del Pilar Esteban M Marietta M Tripodi A. Tosetto A.; MORE EARLY BLEEDS ASSOCIATED WITH HIGH BASELINE DIRECT ORAL ANTICOAGULANT LEVELS IN ATRIAL FIBRILLATION: THE MAS STUDY. Blood Adv 2024; bloodadvances.2024013126. doi:
- Testa S, Palareti G, Legnani C, Dellanoce C, Cini M, Paoletti O, Ciampa A, Antonucci E, Poli D, Morandini R, Tala M, Chiarugi P, Santoro RC, Iannone AM, De Candia E, Pignatelli P, Faioni EM, Chistolini A, Esteban MDP, Marietta M, Tripodi A, Tosetto A. Thrombotic events associated with low baseline direct oral anticoagulant levels in atrial fibrillations: the MAS study. Blood Adv. 2024 Feb 23:bloodadvances.2023012408. doi: 10.1182/bloodadvances.2023012408. Epub ahead of print. PMID: 38394387.
Molto interessante. I risultati confermano quanto Armando D’Angelo sosteneva già al congresso di emostasi e trombosi nel 2014 circa l’utilità del dosaggio dei NAO.