Secondo alcuni studi, l’elastocompressione in una fase molto precoce del decorso da una trombosi venosa profonda potrebbe prevenire fino al 20% delle complicanze.

Si definisce sindrome post-tromboflebitica (PTS) quel complesso di manifestazioni, in parte soggettive in parte obiettive, che possono complicare il decorso di una trombosi venosa profonda (TVP) degli arti inferiori nei mesi o negli anni successivi all’episodio trombotico, esitando talvolta in quadri difficilmente curabili di ulcera cutanea pretibiale [Figura 1].

Figura 1. Ulcera cutanea post-trombotica

Sono molti i fattori che ne favoriscono lo sviluppo. Tra questi l’obesità, il sesso femminile, la localizzazione femoro-iliaca della TVP, l’inadeguatezza della terapia anticoagulante e la recidiva di TVP a carico dello stesso arto1. Negli ultimi anni hanno assunto crescente consistenza la persistenza di residuo trombotico venoso e lo sviluppo di reflusso trans-valvolare popliteo, entrambi accertabili facilmente con l’ecoDoppler venoso a distanza di 6-12 settimane dall’episodio acuto di TVP. Le segnalazioni disponibili in letteratura sul ruolo di questi due fattori nello sviluppo di PTS sono però frammentate e controverse. Inoltre, la metodologia adottata nei singoli studi presenta sostanziali diversità e la numerosità dei pazienti indagati è insufficiente per consentire conclusioni univocamente accettabili.

Circa due anni fa sono stati pubblicati i risultati di una meta-analisi degli studi disponibili a cura di un gruppo di ricercatori olandesi2. Nonostante inevitabili differenze in termini di caratteristiche dei pazienti reclutati, tipologia e durata del trattamento, modalità di esecuzione e di interpretazione del residuo trombotico e della incompetenza valvolare, durata del follow-up e definizione della PTS, 10 studi prospettici di coorte sono stati giudicati di accettabile qualità e pertanto meritevoli di essere inclusi nell’analisi. Globalmente sono stati reclutati 2684 pazienti di età media oscillante tra 48 e 68 anni, con una frequenza di TVP idiopatiche (riportata in 8 dei 10 studi) tra il 16 ed il 55% e una durata di follow-up tra 6 mesi e 6 anni. Nell’88% dei pazienti la TVP era prossimale, negli altri distale. La durata dell’anticoagulazione oscillava mediamente tra 3 e 18 mesi. In 9 dei 10 studi si fa riferimento all’impiego di calze elastiche, con una aderenza oscillante tra il 50 ed il 90%. La valutazione del residuo trombotico e dell’incompetenza valvolare, eseguita con metodica ultrasonografica, sono state effettuate tra 6 settimane ed 1 anno dall’episodio di TVP con l’adozione di tecniche leggermente diverse ma sostanzialmente confrontabili, sulle quali sarebbe superfluo soffermarsi in questa sede. Per la definizione di PTS è stato più spesso usato lo score di Villalta, più raramente la classificazione CEAP. PTS è stata diagnosticata nel 35% dei pazienti. Il residuo trombotico è risultato predittivo di PTS con un OR di 2.2 (95% CI: 1.8 – 2.6) [si veda la tabella sul lavoro originale Meta-analisi degli studi disponibili per accertare il ruolo del residuo trombotico [A] per lo sviluppo di PTS 2]. L’incompetenza valvolare è risultata predittiva di PTS con un OR di 1.3 (95% CI: 1.1 – 1.7) [si veda la tabella sul lavoro originale Meta-analisi degli studi disponibili per accertare il ruolo del reflusso trans-valvolare popliteo per lo sviluppo di PTS 2]. La contemporaneità di entrambe le anomalie (registrata solamente in 2 dei 10 studi) ha prodotto il rischio più elevato (OR=2.4; 95% CI: 1.4 – 4.1), ma la scarsità numerica preclude una valutazione attendibile.

Ad integrazione di questa analisi è stato contemporaneamente pubblicato un articolo interessante. Analizzando una coorte olandese, fatta di 592 pazienti che erano stati reclutati nello studio IDEAL3, Amin et al hanno riscontrato una riduzione assoluta del 20% di sviluppo di residuo trombotico a 3-6 mesi dalla TVP in coloro che avevano ricevuto una qualche forma di compressione elastica (bendaggio o calza) immediatamente dopo la diagnosi nei confronti di coloro che ne erano stati esentati; inoltre è presente una riduzione assoluta dell’8% di PTS a distanza di 2 anni in coloro in cui le vene avevano recuperato precocemente la pervietà nei confronti di coloro in cui era persistito il residuo trombotico4.

La persistenza di residuo trombotico e lo sviluppo di incompetenza valvolare rappresentano con elevata probabilità la chiave di volta per comprendere lo sviluppo della PTS. Per meccanismi che non è facile comprendere, e che quasi certamente coinvolgono una forte reazione infiammatoria, in almeno 1/3 dei soggetti il trombo subisce un rimaneggiamento che ne ostacola la lisi e finisce per danneggiare (più o meno irreversibilmente) le strutture valvolari, generando una ipertensione venosa che si ripercuote sulle strutture venose periferiche avalvolate creando le premesse per lo sviluppo di PTS di imprevedibile gravità.

In questo scenario appare molto promettente l’informazione che ci viene da Amin et al, che indica nella precocissima instaurazione di una elastocompressione con l’impiego di bende o calze un rimedio utile a ridurre del 20% il rischio di persistenza di residuo trombotico, e contestualmente quello di sviluppo di PTS dell’8%4.

È inoltre pienamente giustificato accertare lo sviluppo di anomalie vascolari ad alcune settimane di distanza dall’episodio acuto ai fini di una corretta prognosi. Infine, i soggetti così identificati hanno maggiori probabilità, a parità di condizioni, di trarre giovamento da una efficace e protratta elastocompressione. La tempistica dipende da caso a caso, potendo a distanza di 6-12 mesi essere interrotta in soggetti esenti da complicanze post-tromboflebitiche3.

In conclusione, residuo trombotico o incompetenza valvolare poplitea sono riconoscibili con una frequenza che oscilla tra la metà e i due terzi di tutti i soggetti che sviluppano una TVP degli arti. L’accertamento dell’una o dell’altra di queste manifestazioni di danno vascolare ha la potenzialità di identificare i soggetti a più alta probabilità di giovarsi dell’elastocompressione, in quanto le calze elastiche possono contrastare efficacemente l’ipertensione venosa generata da tali fattori.


Bibliografia

  1. Kahn SR, Comerota AJ, Cushman M, et al. The post-thrombotic syndrome: evidence-based prevention, diagnosis, and treatment strategies: a scientific statement from the American Heart Association. Circulation 2014;130:1636-61.
  2. Dronkers CEA, Mol GC, Maraziti G, et al. Predicting post-thrombotic syndrome with ultrasonographic follow-up after deep vein thrombosis: a systematic review and meta-analysis. Thromb Haemost 2018;118:1428-38.
  3. Ten Cate-Hoek AJ, Amin EE, Bouman AC, et al; IDEAL DVT investigators. Individualised versus standard duration of elastic compression therapy for prevention of post-thrombotic syndrome (IDEAL DVT): a multicentre, randomised, single-blind, allocation-concealed, non-inferiority trial. Lancet Haematol 2018;5:e25-e33.
  4. Amin EE, Bistervels IM, Meijer K, et al. Residual vein occlusion in relation to immediate compression and postthrombotic syndrome in deep vein thrombosis. Blood 2018;132:2298-304.