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Al 5° Convegno di Anticoagulazione.it si è affrontato l’argomento, visto che il rischio di tromboembolismo venoso aumenta con l’età e, a 40 anni, risulta almeno 10 volte superiore rispetto a 20 anni. Gli esperti hanno discusso di prevenzione e di come comunicare con le pazienti.

La Dr.ssa Elvira Grandone, di San Giovanni Rotondo (FG), ha trattato un argomento di notevole interesse in ambito ostetrico e cioè il rischio tromboembolico correlato alla fecondazione assistita. L’attualità del problema è correlata sia al numero crescente delle procedure che all’età delle donne che le richiedono. È infatti noto che il rischio di tromboembolismo venoso aumenta con l’età e, a 40 anni, risulta almeno 10 volte superiore rispetto a 20 anni. In particolare, il trattamento ormonale che serve a indurre l’ovulazione per le eventuali pratiche di pick-up, può portare alla situazione nota come “iperstimolazione ovarica” che determina, essa stessa, un notevole aumento del rischio tromboembolico. Per tale motivo, le donne che si sottopongono a procedure di fecondazione assistita andrebbero non solo avvertite dei potenziali rischi ma, prima ancora, accuratamente indagate da un punto di vista anamnestico familiare e personale e valutate per possibili comorbidità (obesità, varici, diabete, etc.). Pertanto, come in altri settori della medicina, la prima regola di prevenzione dei rischi consiste in una accurata indagine anamnestica e una specifica valutazione individuale della paziente, seguita da un’attività di sostegno psicologico (counseling) che deve essere svolta in modo obiettivo e esauriente.

Un altro aspetto rilevante del problema è la carenza di dati basati sull’evidenza. Infatti, mentre esistono studi, anche se perfettibili, sul rischio tromboembolico e sulle misure di tromboprofilassi da attuare in alcune pazienti durante gravidanza e puerperio (pregressa trombosi, presenza di trombofilia), gli equivalenti studi nelle procedure di fecondazione assistita scarseggiano sia per numero sia per qualità.

 

Tuttavia, visto l’elevato rischio soprattutto nella condizione insidiosa e sfuggente dell’iperstimolazione ovarica, il buon senso clinico induce a mantenere un’elevata attenzione e a prescrivere una tromboprofilassi eparinica in tutte le situazioni nelle quali venga identificato nella donna uno stato trombofilico.

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