Secondo uno studio olandese, presentato al recente Congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC), se l’anticoagulazione con dicumarolici è ben condotta passare ad un anticoagulante orale diretto (DOAC) potrebbe non essere la scelta migliore per il paziente fragile e anziano.
La trialistica degli ultimi 15 anni e gli studi osservazionali che ne sono seguiti hanno portato alla conclusione univoca che i DOAC sono da preferire ai dicumarolici per la gestione antitrombotica della fibrillazione atriale per una serie di ragioni. La più importante è la maggiore sicurezza, ma non ci dimentichiamo la riduzione del rischio di osteoporosi e fratture, la riduzione del rischio di decadimento cognitivo, la riduzione del rischio di aggravamento della funzione renale, la disponibilità di antidoti potenti e specifici per la gestione di eventi emorragici, ecc. Quando però ci si imbatte in soggetti che sono già stabilmente in trattamento dicumarolico e ne sono soddisfatti il problema si pone, anche e soprattutto se sono anziani e manifestano diffidenze verso il cambiamento.
Allo scopo di valutare vantaggi e inconvenienti del cambio di terapia in soggetti anziani e fragili in trattamento stabile e soddisfacente con dicumarolici, alcuni ricercatori olandesi hanno promosso uno studio clinico controllato destinato a soggetti fibrillanti anziani e fragili già in terapia con warfarina, e li hanno randomizzati alla prosecuzione della terapia dicumarolica in corso con le medesime modalità (cioè mantenimento di un INR compreso tra 2 e 3) od all’avvicendamento con l’uno o l’altro dei DOAC commercialmente disponibili alle dosi generalmente raccomandate per pazienti anziani e di documentata fragilità (1).
Poco più di 1300 pazienti (per l’esattezza 1330) rispondenti alle caratteristiche richieste (età di almeno 75 anni, trattamento in corso con dicumarolici per fibrillazione atriale presso uno degli 8 centri olandesi partecipanti allo studio e score > 3 dei criteri di fragilità dell’Indicatore di Groningen (2)) hanno dato il consenso informato a mantenere il trattamento in corso o a sostituirlo con un DOAC alle dosi giudicate più appropriate dagli investigatori in base alle caratteristiche dei singoli pazienti, quasi sempre ispirate alle raccomandazioni disponibili per ciascuno dei DOAC impiegati. Nel complesso le caratteristiche anagrafiche e cliniche dei pazienti arruolati non differivano tra i due gruppi di studio. In ciascuno dei due gruppi l’età era molto elevata (mediamente 83 anni), maggiore la rappresentazione del sesso maschile, elevata la prevalenza (oltre il 50%) di fibrillazione atriale permanente, lunga la durata della terapia anticoagulante precedente l’arruolamento (12-13 anni) ed elevata la frequenza di eventi tromboembolici (circa il 20%) o emorragici (circa il 15%) pregressi. Lo score CHADS2-VASC all’atto del reclutamento era mediamente 4 (range 3-5).
La durata prevista del follow-up era di un anno, nel corso del quale i pazienti arruolati hanno ricevuto visite in presenza o, in alternativa, interviste telefoniche. L’endpoint principale dello studio era lo sviluppo di complicanze emorragiche maggiori o clinicamente rilevanti. Tra gli endpoints secondari figuravano gli eventi tromboembolici e la mortalità totale.
Dopo lo sviluppo di 163 eventi emorragici (101 nel gruppo assegnato ai DOAC, 62 in quello assegnato alla prosecuzione della warfarina) in 1330 pazienti, la differenza tra le due popolazioni è apparsa al Comitato di Sorveglianza dello studio così eclatante da raccomandarne l’interruzione (HR=1,69; 95% CI 1,23 – 2,32). Le emorragie erano in prevalenza del tipo minore ma clinicamente rilevante, ed investivano principalmente la sfera gastrointestinale e genitourinaria. Più bassa (ma sempre a scapito dei soggetti assegnati ai DOAC) era la frequenza di emorragie maggiori, e similmente molto bassa quella di emorragie cerebrali [Tabella 1]. È interessante il rilievo che la differenza tra le due popolazioni si manifestava in ciascuno dei sottogruppi che erano stati pre-specificati all’atto della promozione dell’indagine. La frequenza di inconvenienti tromboembolici e di mortalità totale era invece sovrapponibile nei due gruppi di soggetti valutati.
Tabella. Tipologia di complicazioni emorragiche nei due bracci dello studio
Tipologia di emorragie | Switch ai DOAC (662) | Prosecuzione warfarina (661) | Switch ai DOAC (662) | Prosecuzione warfarina (661) |
Emorragie maggiori | Emorragie minori clinicamente rilevanti | |||
Cute (%) | 23 (3,5) | 10 (1,5) | ||
Orofaringe (%) | 1 (0,2) | 19 (2,9) | 16 (2,3) | |
Gastrointestinali (%) | 9 (1,4) | 1 (0,2) | 8 (1,2) | 3 (0,5) |
Urogenitali (%) | 20 (3,0) | 11 (1,7) | ||
Cerebrali (%) | 7 (1,1) | 6 (0,9) | ||
Oftalmiche (%) | 1 (0,2) | 3 (0,5) | 2 (0,3) | |
Muscolo-scheletriche (%) | 1 (0,2) | 1 (0,2) | 4 (0,6) | |
Polmonari (%) | 1 (0,2) | |||
Altre sedi (%) | 2 (0,3) | 3 (0,5) | 8 (1,2) | 3 (0,5) |
Commento
I dati si commentano da soli. La prima cosa che viene in mente è il ben noto detto sportivo ‘squadra vincente non si tocca’!
In altre parole, in questo come in altri contesti della medicina, prima di cambiare una strategia che sta dando risultati soddisfacenti bisogna pensarci non due ma dieci volte! Intendiamoci bene, stiamo parlando di pazienti particolari (anziani e fragili e come tali esposti a rischio emorragico anche per l’impiego dei nuovi farmaci) e stiamo parlando di un paese, l’Olanda, in cui per ragioni storiche la terapia dicumarolica ha da sempre ricevuto una attenzione inimmaginabile rispetto agli altri paesi del mondo. In altre parole, i pazienti ricevono una vigilanza e un monitoraggio (spesso a domicilio) a spese dello Stato che determina una qualità dell’anticoagulazione difficilmente raggiungibile altrove (qualcosa di paragonabile alla rete FCSA italiana, ma con copertura integrale di tutto il territorio). Ma i risultati fanno riflettere. Per lo meno in questa categoria di pazienti, e nelle mani di personale esperto e dedicato per il monitoraggio dei dicumarolici, è probabilmente preferibile non toccare un giocattolo che funziona bene, a meno di una espressa richiesta dei pazienti stessi o del personale che se ne prende carico.
Bibliografia
- Joosten LPT, van Doorn S, van de Ven PM, et al. Safety of switching from a vitamin K antagonist to a non-vitamin K antagonist oral anticoagulant in frail older patients with atrial fibrillation: results of the FRAIL-AF randomized controlled trial. Circulation. 2023 Aug 27. doi: 10.1161/CIRCULATIONAHA.123.066485. Epub ahead of print. PMID: 37634130.
- Steverink N, Slaets J, Schuurmans H, van Lis M. Measuring frailty: Developing and testing the GFI (Groningen Frailty Indicator). Gerontologist. 2001;41:236–37.