Nell’ultimo ventennio si è fatta strada l’ipotesi che le anomalie trombofiliche ereditarie (deficit di antitrombina, proteina C o proteina S, fattore V Leiden e mutazione G20210A della protrombina allo stato etero o omozigote) predispongano non solo a trombosi venosa dell’individuo la cui sede più frequentemente interessata è quella degli arti inferiori, ma anche a complicanze ostetriche precoci (aborti ricorrenti) e tardive (preeclampsia, morte endouterina fetale, ritardo di crescita e distacco placentare).

I meccanismi patogenetici ipotizzati sono che l’ipercoagulabilità delle donne con anomalie trombofiliche causi nel primo caso una cattiva circolazione a livello della mucosa uterina, incapace dunque di favorire un corretto impianto embrionario e nel secondo caso un cattivo passaggio placentare madre-feto. Con il termine “aborti ricorrenti” si intende almeno tre perdite fetali consecutive avvenute prima della 20ma settimana (secondo altri 24ma) gestazionale. L’incidenza di un primo aborto è del 5-20% (1/5 gravidanze) e quella di aborti ricorrenti è 0.3% (1/300 gravidanze). Il rischio di un terzo aborto è del 30% e di un quarto è del 33%. Perciò, nonostante la definizione di poliabortività sia almeno 3 perdite consecutive, la American Society of Reproductive Medicine consiglia una valutazione in senso trombofilico già dopo 2 perdite fetali. Le cause più frequenti di poliabortività sono le malattie autoimmuni o endocrinologiche (40%), fattori anatomici (10-15%) o genetici (2-5%). Nel restante 40% la poliabortività resta inspiegata.

1) Le anomalie trombofiliche ereditarie sono associate con aborti ricorrenti?

La domanda sorge anche considerando che la trombofilia acquisita caratterizzata dalla presenza di anticorpi antifosfolipidi (lupus anticoagulant, anticorpi anticardiolipina e anti-beta2 glicoproteina I) si associa ad aborti ricorrenti anche se il meccanismo patogenetico è complesso, coinvolgendo il sistema immunitario, il complemento, fattori infiammatori e l’inibizione della proliferazione del trofoblasto. Donne con sindrome da anticorpi antifosfolipidi e aborti ricorrenti ricevono una profilassi antitrombotica con eparina a basso peso molecolare e aspirina durante la gravidanza, anche se il livello di raccomandazione è basso (Grade 2B, ACCP Chest 2012). Una metanalisi (1) riporta un rischio relativo di poliabortività pari a 1.91 (95% CI 1.01-3.61) nelle portatrici delle anomalie trombofiliche più comuni quali il fattore V Leiden e 2.70 (95% CI 1.37-5.34) nelle portatrici della mutazione della protrombina rispetto alle non portatrici. Una seconda recente metanalisi (2) fornisce le stesse stime. Forse l’associazione potrebbe essere più forte per i deficit delle proteine anticoagulanti naturali, ma la loro rarità non consente di avere dati attendibili. Per rispondere alla domanda n. 1) possiamo dire che l’eterozigosi per il fattore V Leiden e la mutazione della protrombina si associano ad un aumento di circa due volte del rischio di aborti ricorrenti, che tradotto in termini assoluti resta un effetto minimo.

 

2) Una profilassi antitrombotica con eparina a basso peso molecolare e/o aspirina è utile nella prevenzione degli aborti ricorrenti in donne con trombofilia ereditaria?

Per rispondere a questa domanda, dieci anni fa un consenso di esperti auspicava l’esecuzione di studi clinici randomizzati controllati (3) che chiarissero questo aspetto cruciale, visto che fino ad allora l’argomento era stato affrontato con studi non adatti, di piccole dimensioni, senza braccio di controllo e con svariate anomalie metodologiche. Dal 2010 al 2015 sono stati pubblicati 5 studi sulla abortività ricorrente (4,5,6,7), che includevano popolazioni in parte diverse tra loro per quanto concerne la definizione dell’epoca gestazionale di abortività, il numero minimo di aborti, il tipo di intervento farmacologico, la presenza di un braccio placebo, l’epoca gestazionale di inizio della profilassi antitrombotica, la presenza o meno di anomalie trombofiliche ereditarie. Per ovviare almeno in parte a queste diversità è stata poi condotta una metanalisi di questi e altri studi (8) che ha incluso 483 donne con aborti ricorrenti prima della 10ma oppure almeno un aborto dopo la 10ma settimana di gestazione, stimando un rischio relativo di nati vivi di 0.91 (95% CI 0.55-1.19) che non si modificava sostanzialmente limitando l’analisi ai soli studi multicentrici (1.04, 95% CI 0.93-1.16). La risposta alla domanda n. 2) è dunque che dai dati ad oggi disponibili una profilassi antitrombotica né con eparina a basso peso molecolare, né con aspirina, né con entrambe migliora l’outcome ostetrico in donne portatrici di trombofilia con aborti ricorrenti. Se qualcuno si chiedesse se paradossalmente la stessa profilassi fosse invece efficace nella prevenzione degli aborti ricorrenti in donne senza trombofilia, la risposta che arriva da uno studio randomizzato controllato condotto in 258 donne con almeno 3 aborti entro la 15ma settimana, randomizzate a ricevere enoxaparina o placebo è sempre a sfavore di un’efficacia terapeutica (differenza assoluta tra i due gruppi – 6%, 95%CI da -17 a 5.1).

Da ricordarsi: 

  • Nonostante il basso grado di raccomandazione, donne con la sindrome da anticorpi antifosfolipidi caratterizzata da aborti ricorrenti ricevono in gravidanza una profilassi antitrombotica con eparina a basso peso molecolare e aspirina.
  • Sebbene le comuni anomalie trombofiliche ereditarie, cioè eterozigosi per il fattore V Leiden o la mutazione della protrombina, si associno debolmente ad un aumento del rischio di aborti ricorrenti, una profilassi antitrombotica con eparina a basso peso molecolare, aspirina o entrambe non migliora il risultato ostetrico. Se una qualche efficacia possa riguardare le anomalie trombofiliche gravi, quali i deficit di antitrombina, proteina C o proteina S non è a tutt’oggi noto.
  • Al momento l’utilizzo dell’eparina a basso peso molecolare in donne con e senza anomalie trombofiliche ereditarie non è basato sull’evidenza ed è sconsigliato.
  • Prima di prescrivere un’eparina a basso peso molecolare per prevenire l’abortività ricorrente il medico deve 1) considerare il principio del “primum non nocere”, conoscere e spiegare alla paziente quali siano i benefici e quali gli effetti collaterali di una terapia data empiricamente per nove mesi 2) considerare l’indicazione off-label e, se prescritta, ottenere il consenso informato scritto e 3) agire con la ragione e non con l’emotività, pur di fare qualcosa ad una donna che ha sofferto, soffre e chiede aiuto. Il compito del medico non è mai facile.

Bibliografia

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  7. Schleussner E, Kamin G, Seliger G, et al. Low-molecular-weight heparin for women with unexplained recurrent pregnancy loss: a multicenter trial with a minimization randomization scheme. Ann Intern Med. 2015;162(9):601-609. doi:10.7326/M14-2062
  8. Skeith L, Carrier M, Kaaja R, et al. A meta-analysis of low-molecular-weight heparin to prevent pregnancy loss in women with inherited thrombophilia. Blood. 2016;127(13):1650-1655. doi:10.1182/blood-2015-12-626739