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La patologia presenta numerose altre differenze tra i due sessi, sia nelle manifestazioni cliniche associate sia nelle complicanze. Le donne riferiscono più spesso degli uomini il cardiopalmo e l’ansia associata all’aritmia, ma soprattutto vanno incontro più spesso alla complicanza più temibile della FA: l’ictus ischemico (stroke).

Infatti il rischio di stroke nelle donne fibrillanti si è dimostrato più elevato in numerosi studi osservazionali e trial randomizzati. Una recente metanalisi dei dati disponibili in letteratura dimostra che tale rischio è superiore nelle donne di circa il 30%, in particolar modo se anziane. Le donne fibrillanti inoltre hanno una maggiore incidenza di insufficienza cardiaca associata ad un funzione ventricolare sinistra conservata. Questo rende ragione del fatto che la FA, che aumenta la mortalità in entrambi i sessi, ha una mortalità del 50% superiore nelle donne rispetto agli uomini prevalentemente in relazione alla maggiore incidenza di stroke e di insufficienza cardiaca. Pertanto il sesso femminile è stato recentemente introdotto come fattore di rischio specificamente codificato nello score CHA2DS2VASc, un modello di stratificazione ampiamente usato in Europa. Tale modello di stratificazione del rischio è di particolare utilità nell’identificazione di soggetti a rischio di stroke non molto elevato che traggono comunque vantaggio dalla terapia anticoagulante per la prevenzione dello stroke.

L’incidenza della FA aumenta nel mondo con una stima di circa 2 milioni e 700.000 nuovi casi per anno tra gli uomini e 2 milioni tra le donne. In Europa oltre 6 milioni di persone soffrono di FA e si stima che negli USA il numero dei pazienti con FA raggiungerà i 16 milioni nel 2050.

Numerose differenze sono state evidenziate tra i due sessi nell’epidemiologia, nelle manifestazioni cliniche associate alla FA e nelle complicanze. L’incidenza dell’aritmia è maggiore negli uomini che nelle donne. Tuttavia la prevalenza aumenta con l’età ed è presente in circa 0.1% dei soggetti di età inferiore a 50 anni, nel 3-4% tra 60 e 70 anni e raggiunge il 10-17% di coloro che hanno più di 80 anni. Pertanto, come conseguenza della più lunga sopravvivenza media delle donne, si stima che il numero di casi sia complessivamente sovrapponibile tra i due sessi.

La FA è associata ad una aumentata mortalità con un OR di circa 1.5 per gli uomini e 1.9 per le donne, con un aumento tra queste di circa il 50% che è dovuto soprattutto alla maggiore incidenza di stroke e di insufficienza cardiaca. Le donne con FA sono più spesso sintomatiche per cardiopalmo associato a sensazione di pericolo di quanto non siano gli uomini.

Un maggiore rischio di stroke nelle donne fu rilevato fin dai primi studi condotti negli anni ’90, anche se non era stato confermato da tutti gli autori. Pertanto è stato ritenuto per molti anni un dato di secondaria importanza e incluso come fattore di rischio minore solo in alcuni dei modelli di stratificazione del rischio che sono stati proposti nel corso degli anni per dare al clinico strumenti atti a valutare la migliore profilassi antitrombotica. In particolare il sesso femminile non è stato inserito nel modello che per la sua facile applicabilità ha avuto la massima diffusione: lo score CHADS2. Tuttavia evidenze più recenti confermate da studi osservazionali e da trial randomizzati sia in pazienti anticoagulati che non, hanno dimostrato il maggiore rischio di stroke delle donne con FA. Una recente meta-analisi stima questo rischio con un OR di 1.3, in particolare nelle donne anziane.  E’ stato pertanto proposto un modello più complesso di stratificazione del rischio che, sulla base dello score CHADS2, inserisce anche altri fattori di rischio detti ‘minori’ tra i quali il sesso femminile. Tale modello, noto come CHA2DS2VASc score, è stato accettato dalle linee guida della Società Europea di Cardiologia come modello di riferimento per una adeguata stratificazione del rischio, in particolare per soggetti a rischio non molto elevato, mentre i soggetti a rischio elevato vengono già adeguatamente stratificati dal più semplice score CHADS2.

Le ragioni del più alto rischio di stroke delle donne sono da ricercare nella maggiore incidenza di ipertensione arteriosa, spesso meno controllata di quanto si abbia tra i maschi, e la maggiore incidenza di insufficienza cardiaca. Le donne infatti presentano più spesso insufficienza cardiaca, soprattutto nella forma con frazione di eiezione conservata, che è particolarmente frequente tra i pazienti con FA. E’ invece analoga tra i due sessi la probabilità di evoluzione dalla forma parossistica dell’aritmia a quella cronica.

L’uso degli anticoagulanti orali antagonisti della vitamina K non presenta sostanziali differenze tra i due sessi, anche se il fabbisogno medio del farmaco è solitamente inferiore nelle donne. Anche i nuovi farmaci anticoagulanti (NAO) non hanno mostrato differenze di effetto tra i sessi. Tuttavia le donne anziane, che hanno un peso corporeo minore e spesso una funzione renale più ridotta, sono più esposte al pericolo di iperdosaggio per accumulo di questi farmaci il cui metabolismo è prevalentemente renale.
Il rischio emorragico dei trattamenti anticoagulanti orali sembra invece minore per le donne che per gli uomini, in particolare per quanto riguarda la più temibile complicanza emorragica, quella cerebrale.

E’ necessario che i pazienti con FA e in particolare le donne fibrillanti, ricevano un trattamento anticoagulante adeguato per la prevenzione dello stroke. I dati disponibili sono infatti concordi sulla scarsa se non nulla efficacia dell’aspirina nella prevenzione degli eventi embolici in corso di FA. La terapia anticoagulante orale, sia con i vecchi che con i nuovi farmaci, è pertanto indicata per tutti i pazienti con FA che abbiano un rischio di stroke superiore al 2% anno.

Le donne, in quanto tali, richiedono una maggiore attenzione alla stratificazione del rischio e a mettere in atto una prevenzione adeguata.

Bibliografia

Wagstaff Aj et al. Is female sex a risk factor for stroke and thromboembolism in patients with atrial fibrillation? A systematic review and meta-analysis QJM 2014