L’articolo recentemente pubblicato sul New England Journal of Medicine ha cercato di rispondere a questo quesito nello studio randomizzato multicentrico POPular PAUSE TAVI, condotto su 858 pazienti sottoposti a TAVI (431 pazienti assegnati a continuare la terapia anticoagulante e 427 assegnati a interromperla prima della procedura). Le due strategie sono state confrontate con l’obiettivo di valutare la non inferiorità della continuazione dell’anticoagulazione rispetto all’interruzione, utilizzando come obiettivo primario un endpoint composito di morte per cause cardiovascolari, ictus, infarto miocardico, complicanze vascolari maggiori o sanguinamenti maggiori a 30 giorni dopo la TAVI.

Risultati

I risultati indicano che la continuazione della terapia anticoagulante non è risultata non inferiore all’interruzione. L’endpoint composito primario si è infatti verificato nel 16.5% dei pazienti che hanno continuato la terapia anticoagulante e nel 14.8% dei pazienti che l’avevano interrotta (P=0.18 per la non inferiorità), principalmente a causa di un’incidenza più elevata di sanguinamenti e complicanze vascolari maggiori nella coorte che ha continuato il trattamento. In quest’ultima popolazione, infatti, l’incidenza di qualsiasi tipo di sanguinamento è stata più elevata (31.1% vs. 21.3%, rispettivamente). La percentuale di eventi tromboembolici non era inoltre significativamente inferiore nel braccio di terapia continuata (8.8% vs. 8.2%, rispettivamente). Questi dati suggeriscono che l’interruzione dell’anticoagulazione possa rappresentare un’opzione più sicura per ridurre il rischio emorragico, senza un aumento del rischio tromboembolico.

Commento

Dal punto di vista metodologico, lo studio è ben condotto, con un disegno randomizzato, open-label, e con valutazione degli obiettivi in cieco, elemento che rafforza l’affidabilità dei risultati. Il campione, sebbene solido, presenta alcuni limiti in termini di rappresentatività per specifiche sottopopolazioni, ad esempio i pazienti ad alto rischio tromboembolico, per i quali la decisione potrebbe dover essere più personalizzata.

Lo studio ha incluso sia pazienti in terapia con antagonisti della vitamina K che  con anticoagulanti orali diretti, ma non ha differenziato chiaramente se il rischio di sanguinamento o di eventi tromboembolici fosse diverso tra questi sottogruppi.

Lo studio era inoltre disegnato per un endpoint composito che includeva sia eventi tromboembolici che sanguinamenti, ma non aveva sufficiente potere statistico per analizzare singolarmente il rischio di tromboembolismo nei due gruppi di trattamento.

Quasi tutti i pazienti hanno ricevuto una TAVI per via transfemorale, lasciando aperta la questione della generalizzabilità dei risultati a procedure con accesso alternativo. Un altro elemento rilevante è che l’aumento dei sanguinamenti nel gruppo che ha continuato l’anticoagulazione sembra derivare in larga parte da eventi classificati come minori secondo i criteri VARC-3 (tipo I), il che solleva interrogativi sulla rilevanza clinica di tali differenze.

D’altra parte, lo studio rafforza l’approccio corrente di pratica clinica di mondo reale secondo cui, nei pazienti sottoposti a TAVI, l’interruzione dell’anticoagulazione prima della procedura possa essere preferibile per migliorare la sicurezza, senza compromettere il rischio di eventi tromboembolici peri-procedurali.

Conclusioni

In conclusione, il POPular PAUSE TAVI contribuisce in modo significativo alla letteratura sulla gestione dell’anticoagulazione nei pazienti sottoposti a TAVI, fornendo evidenze utili alla pratica clinica. In un panorama clinico in continua evoluzione, studi come questo sono fondamentali per affinare le strategie terapeutiche e migliorare la sicurezza dei pazienti. La gestione peri-procedurale  dell’anticoagulazione nella TAVI richiede un equilibrio delicato tra valutazione del rischio trombotico e di quello emorragico, e questi risultati contribuiranno sicuramente a modellare le future linee guida internazionali. Tuttavia, saranno necessarie ulteriori ricerche per chiarire il miglior approccio in sottogruppi di pazienti a più elevato rischio trombotico e per esplorare strategie di gestione personalizzate.

A cura di 

Prof. Giuseppe Patti Università del Piemonte Orientale; AOU Maggiore della Carità di Novara

Dott. Luca Cumitini AOU Maggiore della Carità di Novara

Bibliografia

van Ginkel DJ, Bor WL, Aarts HM, et al. Continuation versus Interruption of Oral Anticoagulation during TAVI. N Engl J Med. 2025;392(5):438-449. doi:10.1056/NEJMoa2407794